giovedì 25 marzo 2010

LA CHIESA DI CRISTO E QUELLA DI RATZINGER


LA CHIESA DI CRISTO E QUELLA DI RATZINGER
del Vescovo della Diocesi di Monza

+ Joannis Climacos


E Cristo disse: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei….non entrerete nel Regno dei Cieli!…” (Mt. 5, 20)

Qual era la giustizia degli scribi e dei farisei?

Qual era il loro senso del giusto e dell’ingiusto…cioè del bene e del male…?

In una parola qual era la fede e la morale del popolo da cui Gesù Cristo proveniva?

Erano quelle di una religione, che da Mosè in avanti, si era costituita come un corpus di prescrizioni e di divieti, una dottrina appunto.

Tale dottrina era contenuta sia nella Torah, la Legge ebraica, del Pentateuco, i primi cinque libri della attuale Bibbia, sia nei profeti che dai cosiddetti minori ai maggiori sono riconosciuti dai canoni ebraici.

Legge e Profeti come indicò Cristo stesso erano il riferimento di Israele…

Ma c’era qualcosa nell’interpretazione e nell’applicazione di questa legge mosaica e di questi scritti profetici, attuata dai farisei e dagli scribi, che erano due caste religiose di allora, che non convinceva e scontentava Gesù…

C’era una sostanziale ricerca di Dio attraverso la “perfezione” umana di chi attuava i comandamenti, di chi osservava le sue prescrizioni…

Centro di tutta questa religione, che spesso Cristo aveva stigmatizzato e forse anche eccessivamente dipinto con tratti quasi caricaturali (come dice la moderna storiografia ebraica), era la convinzione del credente di doversi uniformare ad una pefezione divina, e che dall’alto di questa perfezione si potesse poi gettare uno sguardo di giudizio, di condana e di censura su tutto il resto del mondo, profano e iniquo.

Dio era l’assoluto, senza pari, totalmente altro (guai a nominarlo! e guai a ritenersi suo figlio, come fece Gesù, che pagò la bestemmia con la morte) che però dalla casta dei prescelti, i leviti stessi, poteva essere portato nell’agone sociale, cioè fatto entrare dalle tavole della legge fino al Levitico in ogni piega del vivere sociale ed anche civile, dato che per gli ebrei come poi per i musulmani, nessun ambito di laicità era neppur contemplato.

Erano i farisei del Sinedrio e gli scribi, cioè i dottori conoscitori della legge, che decidevano le sorti, in nome di Jahvè (JHHV), del popolo di Dio…loro erano i guardiani dellareligione e dei costumi:

le prostitute e adultere come i pubblicani (termine generico dispregiativo) erano facilmente condannati, le prime e seconde spesso a morte, gli altri con l’ostracismo sociale.

Pubblicano esattore delle tasse era anche Matteo,stando al racconto evangelico, che poi diviene discepolo di Cristo, e Cristo, che non disdegnava la compagnia dei pubblicani ed anche delle prostitute

era annoverato tra i Rabbi, cioè tra i maestri della Legge.

Infatti conosceva bene la Legge.

Gesù Cristo non si ritenne mai funzionale e organico al sistema di potere istituzionale politico- religioso della religione ufficiale: certo la sua pretesa di stare sopra il Sinedrio,sopra la stessa Legge, e al di sopra di ogni autorità costituita della tradizione, come pure la sua rivendicazione di essere figlio dell’uomo e figlio del Padre, cioè di Dio, non poteva che essere una provocazione inaccettabile per i capi religiosi di allora….

Una provocazione che significava cercare la morte.

Ma Cristo non rifiutava soltanto un’idea di Dio, della religione, della morale, proponeva un messaggio, forte e inaudito, di una semplicità e immediatezza incredibili, che potremmo riassumere nel discorso della Montagna e delle Beatitudini : “Beati i miti, beati i misericordiosi, beati gli operatori di pace, beati gli afflitti….”

E le parabole tutte erano l’esaltazione della paternità amorevole di Dio, del Padre che si com-muove di fronte ai suoi figli…che rovescia il concetto fondamentale di giustizia distributiva che era praticata fino allora nonostante la crisi che l’ebraismo ufficiale aveva già sperimentato nel libro di Giobbe e nel Qoelet, cioè della sapienza umana he non riesce a spiegare il male del giusto….

Ma Dio è l’inavvicinabile, mentre Cristo lo avvicina all’uomo, attraverso la sua forza di amore che si fa’ prossimità ad ogni fratello.

Qui, le lezioni rabbiniche non trovano paritetiche soluzioni…

Cristo è il volto di quel Dio misericordioso, mentre i rabbini tutt’al più predicavano una filantropia ed un ”non far ad altri ciò che non vuoi fatto a te…!” e si limitavano ad una elemosina verso il povero o la vedova.

Metro di misura di Gesù è la parabola del Samaritano, dove la prospettiva è rovesciata proprio rispondendo ad un maestro della Legge, e cioè “non chi è il mio prossimo” ci si domanda da ora, ma piuttosto che

”io stesso sono il prossimo” di ogni uomo che trovo sulla mia strada!

La prossimità è quella di significare il volto di amore del Padre che si china sull’uomo che è incappato nei briganti e che malmenato è disteso ai margini della strada, senza aiuto.

Tutto questo mentre sacerdoti e leviti, scribi e maestri tirano diritto per la loro strada….

La loro strada era quella del Dio impenetrabile, austero, di cui loro, in ampie vesti, ricordano l’inavvicinabilità e tremenda alterità…

ma la strada di Gesù che va al Padre è quella che prova misericordia, è quella che non ha in mano le dottrine della Legge, è quella dell’incontro, della prossimità con l’altro, chiunque esso sia..

Si incontra la strada di Cristo con quella del Samaritano che è l ‘uomo ritenuto “eretico” dalla religiosità ufficiale, poichè pregava in un tempio non canonico.

Eppure è in esso che Gesù vede rivelato il volto del Padre, in lui che ebbe pietà….

Avvicinandosi alla morte e radunati i suoi che erano nel mondo, lui che li aveva amati dal principio, lì amò sino alla fine…dice Giovanni.

E così lasciò ai suoi il comandamento nuovo “amatevi gli uni gli altri”.

Da questo amore tutti avrebbbero riconosciuto che erano i suoi discepoli…

Questa era la prima Chiesa di Cristo, quella degli apostoli… non molte dottrine tra le mani, forse nessuna nella cena dell’addio, ma il comandamento dell’amore come testamento del Maestro che se ne andava….

Ma da questa Chiesa ad oggi ne sono cambiate di cose… la sua parola di amore è offuscata dalle parole di prelati e sinedriti che ne soffocano ogni slancio vitale…non si riesce ad udire tra le parole dei Ruini e dei Tonini, ma anche dei Ratzinger o dei Bertone un barlume di quell’amore….

Tutto è divenuto prescrizione e divieto, tutto è dovere e morale.

Tutto è adesso legge naturale e ordine.

Cosa vorrà dire questo ritorno al fariseismo originario, quello che Cristo trovò così ostile al suo messaggio che sovvertiva i poteri della religione istituzionalizzata?

Vuol dire che non l’amore del Padre, il messaggio di libertà evangelica che è primadi tutto un farsi prossimo, sta al centro della Chiesa…

che non è più la grazia del Padre che noi tutti – laici e sacerdoti- cerchiamo , bensì il legalismo dei “perfetti”…. il legalismo dei giusti agli occhi del Dio senza misericordia forse e agli occhi degli uomini….

Perchè si crede non già all’opera suprema di Dio, nella sua libertà assoluta, quanto nelle nostre opere umane.

Si crede di stabilire il confine di ogni comportamento lecito ed illecito e ci si è accecati di perbenismo e di moralismo neo-farisaico.

Allora si cerca non più Dio Trinità di amore e la sua grazia che “fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti”, ma si proclama la famiglia umana, come nuovo idolo, “il vitello d’oro”, che salverebbe ogni cosa nel mondo, anche dal misterium iniquitatis.

Si proclama una realtà contingente, quella del matrimonio eterosessuale, come assoluta e fondata in Dio, e si stabiliscono poi le moralità dei comportamenti umani dall’esterno, come un occhio indagatore e invidioso dell’altro,e non già dalla prossimità interiore del fratello che vive la sua vita e soffre le sue pene o gioisce delle sue gioie….

Si porta ogni discorso dal lato del giudizio e della conseguente condanna, quando il Cristo ammonì di non farlo, nè giudizio nè mai condanna.

Si stabilisce la bontà intrinseca degli atti di alcuni (in questo caso gli sposi eterosessuali) e necessariamente la malvagità, sempre intrinseca, degli atti di altri (in questo caso i conviventi omosessuali)…

passando anche sopra lo sguardo di Dio, che non misura col metro degli uomini…

Per farlo poi ci si appella al Magistero infallibile, e poi alla Tradizione e quindi alla Scrittura.

Magistero che ha conosciuto nella storia errori enormi, forieri di sofferenze e tragedie di tanti, Tradizione che non è esente da altrettante eredità nefaste e da ignoranze ataviche e pregiudizi tramandati per secoli,

Scrittura che meriterebbe un approccio più scientifico e più aderente alle nuove acquisizioni del sapere esegetico, dato che per una frase biblica si è mandati già a morire migliaia di persone in poco tempo.

Ma i prelati si sono seduti sulla cattedradi Gesù Cristo, come si erano seduti i farisei su quella di Mosè…

Loro non fanno rifulgere la luce del volto di Dio su questa terra e oscurano la misericordiadel Padre.

Sanno sempre tutto e insegnano…

Siedono e insegnano.

Ma Cristo tace, poichè nessuno più sa muoversi a pietà di nessuno, nè dentro nè fuori la Chiesa.

La Chiesa di Cristo tace poichè sempre parla la Chiesa del Papa… che si appoggia alle Istruzioni di una Congregazione …. cioè su un documento di uomini fatto per dare il giudizio finale su altri uomini, in antitesi alla parabola del grano e della zizzania che si vogliono estirpare subito e frettolosamente, improvvidamente.

Una Istruzione che è fatta da mani di uomo…come se la Chiesa fosse nelle mani dei guardiani della morale … cioè dei maestri che insegnano invece che dei testimoni che vivono.

E la Chiesa di Cristo sta in silenzio, mentre loro hanno spento anche l’ultimo “lucignolo fumigante”.
Nè grazia nè perdono, nè amore nè misericordia, poichè i successori del Sinedrio hanno rimesso la Legge, i codici canonici, al centro della vita religiosa.

La Legge che Paolo diceva “uccide”, la lettera che soffoca lo spirito è divenuta ormai misura di tutto.

Una volta Ruini, una volta Tonini, un’altra lo stesso Ratzinger dopo Wojtyla, strofinano il “vitello d’oro”, lo lucidano bene per metterlo sull’altare.

Ma Dio è lontano poichè onorato con la bocca, è trattato meno di niente con il cuore.

Il cuore che non ha compassione è una pietra.

E la Chiesa di Papa Ratzinger che si dice successore di Pietro, ha posto una pietra al suo centro invece del cuore.

Non è più Dio infatti che salva, non è Cristo che amando rigenera e vivifica, sono loro, cardinali e vescovi e papi, che decidono la salvezza eterna e la moralità terrena, senza margini di dubbio o spazio per la coscienza,

La Chiesa è poggiata sulla pietra… che è il Papa dice la tradizione cattolica.

Ma una pietra in sè non salva nessuno, e le parole di pietra degli uomini di Chiesa senza la luce del Maestro sono prigioni per ogni anima e ogni credente.

Da Cristo soltanto,che ci è Maestro, oggi, tutti noi, attendiamo le parole di vita, e di vita eterna.

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